Il Coronavirus è la maggiore emergenza sanitaria degli ultimi cento anni e sta mettendo a dura prova il nostro sistema sanitario, economico, produttivo e la rete sociale del nostro Paese. Non è vero, secondo noi, che il Coronavirus è una livella: durante una crisi le diseguaglianze diventano più profonde e i problemi diventano più evidenti.
Le misure emergenziali alle quali siamo stati chiamati, come lo smartworking di un’intera nazione e la chiusura temporanea di interi settori produttivi, hanno mostrato le lacune di un sistema il cui gender gap lavorativo è il più alto d’Europa. Un Paese che, nelle prime proposte di ripresa, non ha mostrato di comprendere a sufficienza il legame profondo tra chiusura delle scuole e riaperture degli uffici.
Ma una crisi non è solo qualcosa da superare per sanare le ferite dell’immediato. Le crisi sono anche un’occasione per imparare dagli errori che ci hanno condotti a quelle ferite e pensare al domani, un domani che non sarà privo di errori, ma in cui gli errori, ci auguriamo, non siano gli stessi. Un domani dove non si viene posti, di fatto, davanti al bivio di scegliere tra famiglia e carriera.
Per questo abbiamo deciso di partire dalle attuali misure previste per formulare una proposta che guardi verso quel domani. Un domani in cui crediamo e per il quale dobbiamo partire dall’oggi.
Lo vogliamo fare con una proposta specifica, circoscritta, ma che si augura di agire in quelle zone grigie alla base di un cambio di un paradigma per una società maggiormente paritaria in termini di genere. Lo vogliamo fare con una proposta da attuare non solo in questa fase di contingenza, ma che possa cambiare il modo in cui intendiamo l’equilibrio tra lavoro e famiglia, dove chi si assume il carico familiare di gestione della casa e dei figli non debba vedersi escluso o marginalizzato dal settore del lavoro e sia maggiormente supportato nel mestiere più difficile di tutti: essere genitore.